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Oggi

NON PARLATE DI ME

vita, sogni e morte di Marilyn Monroe
opera semiscenica per soprano, due voci recitanti
flauto (ottavino, flauto in do, flauto in sol)
sassofono (sax soprano, sax alto, sax tenore, sax baritono)
fisarmonica, spinetta, tastiere MIDI, Toy-Piano
violino, contrabbasso

Musica di Mauro Cardi (1955)
Libretto di Paolo Carradori

Regia di
Barbara Roganti

GAMO ENSEMBLE

Francesco Gesualdi, direttore

Giulia Zaniboni soprano
Giulia Perelli attrice
Andrea De Luca voce pre-registrata

Sara Minelli, flauto
Michele Bianchini, sassofono
Marco Facchini, violino
Giacomo Piermatti, contrabbasso
Nicola Tommasini, fisarmonica
Ilaria Baldaccini, pianoforte e toy piano

prima esecuzione del programma:
LXXXII Festival del Maggio Musicale Fiorentino

L’idea di un lavoro su Marilyn Monroe muove da una riflessione personale dal sapore evocativo pasoliniano, il citatissimo…io so, ma non ho le prove…, che per anni mi è girata nella testa. Con le dovute cautele rispetto al rischioso accostamento, dentro di me sapevo, sentivo che la figura pubblica dell’ultima diva dello star system hollywooddiano, divenuta dopo la morte leggenda e icona universale, non aderiva alla realtà, era preconfezionata. Percepivo nei suoi occhi, negli atteggiamenti, nel suo porsi davanti ai fotografi, nelle interviste, nell’intimità del suo rapporto con i libri, un’ombra di dolore, una profonda fragilità. Sì certo, sapevamo della sua infanzia difficile, della mancanza degli affetti familiari, del fallimento dei tre matrimoni, troppo poco però per imbastire una persuasiva tesi sulle mie convinzioni. Come raccontare allora la personalità, le fragilità di un’attrice dal successo planetario, di una donna bramata da tutti gli uomini del mondo che muore sola a trentasei anni, con a disposizione solo poche tracce emotive e biografiche?

Le prove infine arrivano. L’editore Feltrinelli nel 2010 pubblica Marilyn Monroe Fragments (Poesie, Appunti, Lettere) con una bella prefazione di Antonio Tabucchi. In quelle quasi trecento pagine, tra le righe, le parole, cancellature, dubbi e scarabocchi, c’è probabilmente la vera Marilyn che allontana in modo definitivo da se la figura patinata, radiosa, sexy, ingenua, svampita e rassicurante che l’industria americana del cinema ha imposto per anni.

Non parlate di me, da lì prende le mosse. Convinto dello sdoppiamento esistenziale vissuto dall’attrice, dalla donna (quello che doveva essere e quello che era), ho pensato a due piani di lettura: un dentro ( i suoi pensieri, le sue parole) e un fuori (ciò che si è detto, scritto di lei). Come terzo elemento ulteriore, arricchimento di ritmo e sviluppo drammaturgico, ho scelto spezzoni di poesie della Monroe, lasciandole in inglese, che diventano brani cantabili. Il rapporto dialogico tra dentro e fuori visivamente lo immagino così: Marilyn sulla scena con l’ensemble, mentre gli interventi del fuori sono caratterizzati da una voce maschile preregistrata che va a creare un ideale coro di personaggi diversi (colleghi, giornalisti, critici, poeti…) che sta dietro, invisibile. Coro di fantasmi che vengono cancellati, evaporano sotto la forza della fragilità di Marilyn Monroe.

Paolo Carradori